Entro il 2030 entrerà in vigore il Regolamento UE sulla progettazione ecocompatibile per i prodotti sostenibili (ESPR) che prevede l’utilizzo del passaporto digitale per i prodotti tessili (DPP).
Il passaporto digitale per i prodotti tessili è uno strumento che permette a tutti gli attori della filiera tessile di accedere a “informazioni chiare, strutturate e accessibili sulle caratteristiche di sostenibilità ambientale dei prodotti” attraverso strumenti elettronici come, ad esempio, la scansione di un QR code.
Ma cosa sono di preciso la normativa ESPR e il passaporto digitale per i prodotti tessili? Continuate a leggere per tutto quello che c’è da sapere.
Quali sono gli scopi del passaporto digitale per i prodotti tessili e della normativa ESPR
Nel 2023 è stato calcolato che il valore dell’industria della moda si aggiri intorno agli 1,7 trilioni di dollari a livello globale. La produzione di abbigliamento è raddoppiata dal 2000 al 2014 e il numero di indumenti pro capite acquistati tra il 2000 e il 2014 è aumentato di circa il 60%.
Il fast fashion ha svolto un ruolo fondamentale in questa crescita, con cicli di produzione estremamente veloci e design all’avanguardia che permettono agli acquirenti di rinnovare il proprio guardaroba in modo veloce ed economico.
Ma il fast fashion ha anche avuto degli impatti sociali seri sui lavoratori dei paesi produttori e ha portato a significativi problemi di sovrapproduzione, come dimostrato dal drastico aumento delle tendenze stagionali della moda rispetto ai primi anni 2000.
Una produzione eccessiva, un grande utilizzo di materiali (tra cui la plastica) e un riutilizzo molto limitato dei capi di abbigliamento sono tutti fattori che rendono il fast fashion problematico sotto molti punti di vista.
Il fast fashion genera una grande quantità di rifiuti e un’alta percentuale di prodotti che vengono indossati poche volte e poi buttati; oltre il 60% di questi capi, infatti, finisce in discarica o negli inceneritori.
È stato stimato che le emissioni totali di gas serra derivanti dalla produzione tessile ammontino a 1,2 miliardi di tonnellate all’anno e, nella sola UE, il consumo di prodotti tessili rappresenta il quarto impatto negativo più elevato sull’ambiente e sul clima e il terzo per quanto riguarda l’uso di suolo e acqua.
Detto questo, la crescente consapevolezza e le preoccupazioni sulla sostenibilità del settore della moda stanno iniziando a portare a richieste di maggiore trasparenza, con consumatori e autorità di regolamentazione che stanno adottando diverse misure per comprendere meglio la complessa filiera tessile globale e combattere gli sprechi.
Combattere gli sprechi
Nel marzo 2022, la Commissione Europea ha pubblicato la sua Strategia sui prodotti tessili sostenibili e circolari, che prevede un futuro prossimo in cui:
“entro il 2030 i prodotti tessili immessi sul mercato dell’UE saranno durevoli e riciclabili, in larga misura costituiti da fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente. I consumatori beneficiano più a lungo di tessili di elevata qualità a prezzi accessibili, la moda rapida è fuori moda e vi è un’ampia disponibilità di servizi di riutilizzo e riparazione economicamente vantaggiosi. In un settore tessile competitivo, resiliente e innovativo, i produttori si assumono la responsabilità dei loro prodotti lungo la catena del valore, anche quando tali prodotti diventano rifiuti. L’ecosistema tessile circolare è prospero e si fonda su capacità sufficienti per il riciclaggio innovativo a ciclo chiuso, mentre l’incenerimento e il collocamento in discarica dei tessili sono ridotti al minimo”.
Parte dell’attuazione di questa strategia da parte dell’UE include il Regolamento sulla progettazione ecocompatibile per i prodotti sostenibili (ESPR) che prevede lo sviluppo di “requisiti vincolanti di ecodesign specifici per aumentare le prestazioni dei tessuti in termini di durata, riutilizzabilità, riparabilità, riciclabilità e contenuto obbligatorio di fibre riciclate, per ridurre al minimo e tracciare la presenza di sostanze pericolose e ridurre gli impatti negativi sul clima e sull’ambiente”.
Parallelamente a questi sviluppi a livello comunitario, anche i singoli stati membri stanno adottando delle misure per affrontare il problema fast fashion.
In Francia, ad esempio, si sta valutando l’inserimento di una sovrattassa ambientale sugli articoli di moda a basso costo.
Alla base di tutte queste normative c’è il passaporto digitale dei prodotti (DPP) che, come abbiamo già detto, è un registro elettronico obbligatorio che consentirà di accedere a tutte le informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità ambientale dei prodotti.
La data finale per l’implementazione del DPP è prevista tra il 2026 e il 2030. Mentre i dettagli sui dati da includere nel passaporto digitale dei prodotti tessili sono ancora in evoluzione, è probabile che includano almeno i dati sul prodotto registrati lungo tutta la supply chain, tra cui l’approvvigionamento delle materie prime e i processi di produzione, nonché informazioni aggiuntive su riparabilità e riciclo.
Rendere più semplice il passaporto digitale per i prodotti tessili (DPP)
In sostanza, l’obiettivo del DPP è quello di creare l’esatta copia digitale di un prodotto fisico e registrare i dati basati su eventi, transazioni e sostenibilità durante l’intero ciclo di vita del prodotto.
Affinché un passaporto digitale per i prodotti tessili funzioni correttamente, il sistema per “leggerlo” dovrà essere economico, accessibile a tutti gli attori coinvolti lungo la filiera, come produttori, importatori, rivenditori e consumatori, e in grado di resistere all’intero ciclo di vita del prodotto.
Alcune soluzioni potrebbero essere i codici QR, i tag RFID o altre tecnologie come il tagging NFC (near-field communication). Tra le diverse tecnologie disponibili, pensiamo che il codice QR sia la scelta più ovvia, data la sua relativa economicità e la compatibilità con gli smartphone dei consumatori e con gli scanner utilizzati nelle supply chain.
Una delle soluzioni più semplici da utilizzare e più riconosciuta a livello globale è il codice QR GS1, una soluzione di codice a barre singolo progettata appositamente per accedere ad informazioni digitali da più fonti su un singolo prodotto, e che può essere modificata e aggiornata in modo semplice senza che sia necessario modificare il codice finale.
In qualità di organizzazione che si occupa di standardizzazione internazionale, GS1 è un partner di primaria importanza per tutte le aziende che operano nel settore tessile, visto che è in grado di offrire standard e servizi che permettono di identificare, acquisire e condividere informazioni chiave che aiutino a stabilire le credenziali sulla sostenibilità di un prodotto.
Per fare un esempio pratico: i codici QR GS1 potrebbero essere applicati sull’etichette dei capi di abbigliamento anziché sui cartellini rimovibili dei prezzi, in questo modo i codici seguirebbero l’intero ciclo di vita di un prodotto.
In alternativa il codice QR potrebbe essere stampato su delle speciali pellicole per poi essere trasferito direttamente sul capo utilizzando una pressa a caldo o, ancora, lo si potrebbe cucire direttamente sul capo o si potrebbe persino pensare di integrarlo con il design del capo di abbigliamento.
I benefici dei codici QR per i capi di abbigliamento
È vero che le soluzioni per la stampa di codici QR hanno sicuramente un prezzo abbordabile, ma è inevitabile che per le aziende del settore tessile l’utilizzo del DPP avrà comunque un costo.
E se al momento è improbabile che tra i requisiti del DPP venga inserito la serializzazione a livello di prodotto (come già avvenuto nel settore farmaceutico) per le aziende ci sono comunque diversi vantaggi nell’adozione di questo sistema:
- fornire ai consumatori esperienze diversificate pre e post acquisto;
- offrire servizi aggiuntivi per promuovere la longevità di un prodotto come, ad esempio, un certo numero di riparazioni gratuite incluse nel prezzo del capo di abbigliamento;
- rendere più semplici i resi o i cambi;
- per i capi di alto livello, si potrebbe offrire la garanzia di autenticità creando un codice univoco utilizzato per tracciare il prodotto durante il suo intero ciclo di vita, riducendo così al minimo il rischio di contraffazione.
A conferma di questo, Kezzler, azienda che si occupa di soluzioni di identificazione digitale, ha evidenziato come diverse aziende stiano già implementando dei codici QR GS1 per la serializzazione dei loro prodotti, senza per questo farne un uso concreto. Adottando fin da ora la serializzazione a livello di articolo, le aziende sviluppano un’infrastruttura che sicuramente supporterà tutti i requisiti richiesti dalla normativa DPP finale.
Riciclare per combattere gli sprechi
La filiera del tessile è un’industria complessa e la maggior carenza di dati su questo settore riguarda proprio il riciclo.
Se è vero che i capi di abbigliamento realizzati con fibre riciclate potrebbero aiutare la lotta al problema dei rifiuti, mancano ancora i mezzi per la tracciabilità degli indumenti e per riciclarli correttamente.
La condivisione di dati su numero, posizione e composizione dei rifiuti generati potrebbe aiutare il settore a compiere passi fondamentali nella valutazione del pieno potenziale del riciclo dei capi di abbigliamento, e il passaporto digitale dei prodotti tessili può svolgere un ruolo importantissimo nel rendere più semplici la condivisione dei dati e la tracciabilità.
La moda è un grande settore, con un grande volume di affari, ma produce anche una grande quantità di rifiuti. Poiché il settore della moda è inserito in un complesso sistema di filiere globali è necessario introdurre una serie di azioni per ripensare i canali di estrazione, produzione e distribuzione e apportare dei cambiamenti in modo trasparente.
L’obiettivo generale del settore dovrà essere quello di ridurre drasticamente la sua impronta di carbonio e prolungare la vita dei vestiti. Le aziende che adottano le misure adatte per raggiungere questo obiettivo possono dimostrare le proprie azioni implementando tempestivamente il DPP; coloro che lo faranno saranno anche maggiormente preparati a trasformare un obbligo di conformità in una reale opportunità di business.